Storie dentro le case: Gilberto

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“Mia moglie Giulia è educatrice professionale presso una comunità di minori a Pianfei ed ha continuato a lavorare regolarmente per tutto il periodo della quarantena. Io sono un giornalista free lance e lavoro presso uno studio associato di Cuneo; a partire dalla metà del mese di marzo abbiamo scelto di attuare lo smart working, perciò mi sono riscoperto nel ruolo di mammo”: a raccontare è Gilberto Manfrin, papà di Margherita (7 anni) e Martina (5 anni) che passa il tempo a casa dividendosi tra lavoro e figlie. La mamma Giulia la domenica organizza i compiti di Margherita per la settimana successiva, suddividendo le varie materie giorno per giorno, e prepara per Martina alcune attività previste per la scuola dell’infanzia, “in modo tale che anche lei percepisca questo tempo a casa non come una vacanza, ma come un periodo dove è comunque importante portare avanti il proprio percorso didattico, al pari della sorella”.

Fatiche? Sicuramente al primo posto quella di riuscire a conciliare in modo adeguato l’attività lavorativa con la gestione delle attività didattiche e di tempo libero delle mie figlie. Da un lato, cerchiamo, sia io che mia moglie, di partecipare, per quel che ci è possibile, ai loro momenti di gioco tra le mura di casa, inventandoci nuovi giochi o assecondando le loro richieste, dall’altro stiamo provando a insegnare loro a gestire il più possibile in autonomia i momenti di noia, aiutandole a trovare da sole attività alternative e passatempi diversi”. A pesare è anche la “l’assenza di un confronto diretto con i colleghi di lavoro, per ciò che concerne le questioni prettamente legate alla mia professione, e con gli amici, con i quali siamo abituati a condividere con una certa frequenza il nostro quotidiano. Attualmente gestiamo tutti i nostri contatti via web, ma la mancanza del contatto fisico e del confronto “reale” alla lunga è faticoso da sostenere”. Guadagni? “Senza dubbio sto apprezzando il fatto di poter trascorrere le giornate con le mie figlie, mentre prima le vedevo solamente al mattino prima della scuola e la sera, per il poco tempo che ci restava tra la cena e la messa a letto. Lo stare forzatamente a casa 24 ore su 24, inoltre, mi ha dato modo di sperimentarmi in cucina con nuove ricette e di vivermi la casa sfruttando a pieno i suoi spazi, soprattutto quelli esterni, se pur limitati”.

Tra i servizi di Giulia e Gilberto in parrocchia e in diocesi è il corso dei fidanzati, che hanno portato avanti nonostante il lock-down: “Purtroppo è stato possibile incontrare i ragazzi “realmente” solo una volta, dopodiché è arrivata l’ordinanza che ha previsto la sospensione di ogni attività parrocchiale. Ma abbiamo proseguito il percorso con i fidanzati inoltrando loro alcuni contributi (audio, video e schede operative) sui quali sono stati invitati a fare delle riflessioni, personali e in coppia. Questa modalità di gestione del corso ovviamente non ci è piaciuta molto, perché la mancanza di un confronto diretto e immediato con le coppie lo ha reso almeno in apparenza sterile e poco efficace. Ci auguriamo di poterli incontrare dal vivo verso la fine del mese di maggio per un momento di chiusura del corso che potrebbe, forse, farci vedere questa attività da una prospettiva diversa, scoprendo di essere comunque riusciti a portare avanti, sebbene in modo forzatamente alternativo, un pezzettino del percorso di preparazione al matrimonio camminando insieme a loro”.


Camminare insieme nonostante le limitazioni della situazione è possibile. Racconta ancora Gilberto: “In questo periodo ci fa sentire comunità il poter partecipare in streaming alla messa domenicale e alle varie attività che ci hanno proposto i gruppi parrocchiali e non di cui facciamo parte. In generale, crediamo che rispettare le regole che ci vengono imposte in questo tempo sia ciò che più di tutto ci fa sentire appartenenti ad una comunità, dove se solo ognuno fa la sua parte si può arrivare al risultato atteso che è di interesse comune”.
2020-05-26 15:50:35
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