Storie dentro le case: Marta

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“La quarantena ha stravolto la mia quotidianità nei suoi spazi ma non nelle sue attività. Continuo a studiare all’università, che però si è spostata in camera mia, per cui dal lunedì al venerdì la mia vita è fatta di lezioni e di studio, mentre nel week end sono un po’ più libera”. Sono 8 milioni i ragazzi italiani chiusi in casa a studiare dietro un computer; tra loro anche Marta Cortese, giovane risorsa del Cim. In realtà nelle sue giornate oltre allo studio c’è tempo per la solidarietà e l’impegno con gli Argonauti, la neo-nata associazione di promozione sociale. Marta distribuisce le borse viveri alle famiglie seguite dalla Caritas. “C’è un meccanismo complesso dietro ogni borsa”: c’è chi tiene il polso dei bisogni, chi compra, chi prepara, chi destina. “Noi siamo solo quelli che le devono consegnare in giro”, alle famiglie bisognose o agli anziani che non possono uscire. “Tutti sentiamo parlare di Caritas, ma un conto è sentirne parlare o destinare offerte, altro è portare la spesa alle persone: è un modo diverso di conoscere il quartiere in cui abito da sempre”. Con l’inizio della fase 2 c’è più vita in giro, ma “inizialmente è stata una sensazione strana: faceva quasi male vedere le strade vuote. Una volta avevo quattro borse spesa pesantissime: le avevo portate solo per poche centinaia di metri ma avevo veramente la schiena rotta. Sono passate delle persone, ma non potevano né aiutarmi né dire niente. Questa distanza forzata mi ha un po’ spiazzata, poi però mi ha anche aiutata a vedere il bello: ho salutato tanta gente dai balconi e fatto due parole in quel modo lì”. In più, l’esperienza degli Argonauti “mi ha confermato che abbiamo tutti voglia di metterci in gioco. Sono rimasta stupita di quanti volontari si siano proposti di darci una mano”. La vita di Marta però è fatta anche di amici: “cerco di sentirli e vederli, grazie alle video chiamate e a questi modi un po’ diversi per stare insieme”. E racconta: “Alcuni coetanei hanno trovato in questo tempo di solitudine, di silenzio, di casa, ciò di cui avevano bisogno per ritrovarsi. Ci sono tante foto sui social di persone che sono diventate creative, fanno disegni, cucinano… Per me non è così e questo tempo mi ha confermato che i momenti della mia vita che mi lasciano qualcosa sono quelli in cui posso condividere le fatiche con qualcuno. Penso al Cammino di Santiago o anche semplicemente alle gite in montagna. Una cosa che ha stupito quelli della mia generazione sono i confini: siamo nati in un’Europa che non ha confini difficili da attraversare, abbiamo sempre dato per scontata la possibilità di viaggiare. E quando è diventato impossibile anche viaggiare, ci siamo sentiti tutti spiazzati. Questo può far riflettere su quanto siamo fortunati nella vita di tutti i giorni”. “Sto scoprendo l’importanza che le cose della vita quotidiana hanno per me”, continua Marta, a cui mancano un sacco di cose: vivere a Torino, andare all’università su quel pullman sempre super pieno al punto da faticare a respirare, le lezioni e i compagni; far l’animatrice nei gruppi in parrocchia, la prospettiva di un’estate piena di cose, i campeggi, le vacanze; vedere gli amici “dal vero”; camminare, “perché a me piace tantissimo e mi sento proprio ferma”. “Mi mancano tante cose di cui prima paradossalmente mi lamentavo e di cui ho più chiara l’importanza e la bellezza. Fatico però a percepire questo periodo come una potenziale rinascita. Sicuramente ho imparato il valore delle cose e anche ad essere un po’ più paziente”.

2020-05-26 15:50:35
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