Storie dentro le case: Laura

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Mentre lentamente riprende vita la città e le sue strade, noi ricominciamo a uscire, tra stupore e domande, i corpi un po’ fiaccati dalla lunga reclusione e la voglia di prossimità ancora frustrata, stando sulla soglia di questo passaggio continuiamo a raccontarci come abbiamo vissuto questo tempo così unico. Questa volta ad aprire la porta di casa è Laura Rovera, mamma di tre (Michele che fa terza media, Vittoria che fa terza elementare, e Francesco all'ultimo anno di scuola materna), moglie di Nicola e impiegata di banca. 
“Dividerei questo tempo in due periodi. Il primo di assoluta paura e fatica: paura della malattia, non sapendo fino a che punto sarebbe arrivata, paura di non riuscire e gestire tutto (con la novità dello smart-working insieme ai figli a casa alle prese con la didattica a distanza) e una grandissima fatica a restare chiusi in casa. 
Trascorse alcune settimane di adattamento e forse rassegnazione, ciò che prima sentivo come un dovere, tipo scendere con i bambini in cortile (un cortile di 10 metri quadrati quasi sempre all’ombra e pieno di piccioni), organizzare giochi in casa o farli cucinare per passare il tempo è diventato un piacere. Ovvio con tre figli con età diverse, è impossibile generalizzare ma riassumerei dicendo che ho guadagnato tempo, quel tempo che c’è sempre stato ma mai valorizzato nel giusto modo”. A fronte di alcuni guadagni, ci sono dimensioni che sono andate perse: “Ci siamo allontanati un po’ dalla parrocchia e intendo non solo fisicamente... è stata una pausa forzata ma spero vivamente (soprattutto per i miei figli più grandi) che sia solo una pausa”. Lo sguardo sui figli è però positivo: “Hanno subito passivamente il cambiamento che gli è stato imposto, senza troppe domande anzi si sono adattati in fretta alle nuove richieste. Non ho avuto difficoltà nel gestirli, a parte i normali problemi quotidiani. Anche loro si sono ritrovati e, anche se a volte con un po’ di sforzo, si sono sostenuti”. La cosa che è mancata di più? “Sicuramente la possibilità di poter condividere questo periodo con i miei genitori. 
Il tentativo di star loro vicina con le videochiamate aumentava ancora di più la nostra distanza”. Uno degli esiti positivi di questo periodo è stato anche il mettere a tema la dimensione della appartenenza a una comunità più grande: “Abbiamo cercato di far capire ai nostri figli quanto sia importante rispettare gli altri, ad esempio indossando la mascherina, è stato tematizzato in qualche modo ‘il senso civico’, di cui in poche altre situazioni avevamo parlato”. Ora i limiti si stanno allentando, anche se per le famiglie, la reclusione in qualche modo continua perché i figli restano in casa per seguire la didattica a distanza, data la chiusura delle scuole, né possono al momento ancora tornare a fare sport, causa il perdurare della chiusura di palestre e impianti sportivi. In questo passaggio si guarda al tempo che arriva: “Mi sono ripromessa più volte che cercherò di cambiare alcune cose, per non perdere di nuovo il tempo guadagnato, ma non so se ci riuscirò! Paradossalmente mi spiace tornare alla normalità, forse proprio per la paura di perdere quello che ho ritrovato. Certo sono contenta che la situazione dal punto di vista della malattia sia ogni giorno in miglioramento”.
2020-05-26 15:50:35
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